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Il ruolo delle concept car

Cinque case studies che dimostrano come, con altrettanti prototipi da Salone, la Volvo abbia indicato il futuro dei suoi modelli di serie

Esposta al Salone di Ginevra nel 1972, la VESC (Volvo Experimental Safety Car) anticipò contenuti di sicurezza allora avveniristici: cinture di sicurezza ad avvolgimento automatico, airbag, poggiatesta anteriori a scomparsa che si sollevavano automaticamente in caso d’urto. Evenienza al verificarsi della quale il volante collassava, allontanandosi di 15 cm dal conducente. E poi lavatergifari, tergilunotto, barre antintrusione nelle porte, scocca a elevata rigidità torsionale, motore in grado di scivolare sotto il pavimento in caso di urto frontale per non danneggiare i passeggeri, paraurti ad assorbimento di energia, freni con antibloccaggio, sospensioni autolivellanti e interruttore inerziale dell’alimentazione in caso di incidente. Molti suoi contenuti, anche stilistici, furono trasferiti sulla Serie 200 del 1974. La VESC sarà esposta allo stand Volvo, ad Auto e Moto d’Epoca, dal 26 al 29 ottobre.



Le forme squadrate, con un volume anteriore cuneiforme, della Serie 700 del 1982, vennero anticipate — due anni prima — dalla VCC (Volvo Concept Car), una station wagon “cut back” (cioè con sbalzo posteriore molto ridotto) mossa da un motore sovralimentato con consumi ed emissioni molto contenuti. Ancora una volta, quindi, un prototipo di ricerca che non si limitava ad annunciare in che direzione sarebbe andato lo stile delle vetture del futuro (in questo senso va inteso anche il pronunciato spoiler sotto il paraurti anteriore) ma che — ugualmente — integrava soluzioni tecnologiche che sarebbero diventate la regola per le Volvo di tutti i giorni. In questo c’è sempre stata una grande differenza tra gli altri costruttori, che spesso utilizzavano i prototipi da Salone per fare “show”, e la Volvo, che aveva con essi un approccio molto concreto.



Anche la ECC (Environmental Concept Car), vista al Salone di Parigi a ottobre 1992, ha qualcosa di molto familiare, pur non essendo mai stata prodotta. Anticipava lo shoulder, spalla: era il modo in cui veniva chiamato lo “scalino” sul fianco che, a partire dalla prima generazione della Volvo S80 (1998), avrebbe caratterizzato numerosi modelli della marca. In questo caso, la preview di questa soluzione stilistica arrivò con un certo anticipo rispetto ai tempi del modello di serie. Disegnata in California, la ECC traduceva in modo concreto uno dei valori più cari alla Volvo — il rispetto dell’ambiente — con numerose caratteristiche tra cui un powertrain ibrido (turbina a gas e motore elettrico) e una massa contenuta grazie alla costruzione in alluminio. In più il sistema Dynaguide anticipava il GPS. Tutto questo, oltre trent’anni fa. Anche la ECC sarà una delle star della fiera di Bologna, la prossima settimana.

Il fatto che avesse aperto la strada, stilisticamente parlando, alla C30 che sarebbe arrivata cinque anni più tardi, non è l’elemento più rilevante della Volvo SCC (Safety Concept Car) del 2001. Progettata intorno all’occhio umano, la SCC permette alla vista del conducente il massimo controllo possibile sulla strada. Quando qualcuno si accomoda al volante, un sensore rileva la posizione dei suoi occhi e adegua ogni elemento per raggiungere la visione più elevata: sedile, pavimento, pedaliera, volante, consolle centrale e leva cambio si spostano automaticamente. Il viaggio non diventa quindi solo confortevole ma, prima di tutto, sicuro. E non solo per chi guida: un sensore di battito cardiaco rileva la presenza di persone e animali, scongiurando che vengano dimenticati cani, gatti o bambini grazie a un avvertimento sonoro. Quello che oggi è realtà sulla EX90.



La Concept Estate del 2014, terza di una serie di prototipi presentati nella prima metà degli anni ’10, non solo annunciava il nuovo corso del design della Volvo, ma svelava al tempo stesso i criteri di stile e tecnologia — l’elettrificazione progressiva della gamma — che sarebbero stati utilizzati per lo sviluppo dei modelli futuri: un ponte ideale fra tradizione e innovazione. Se il fianco occhieggia alla 1800 ES del 1971, la calandra convessa e i fari a martello di Thor sono le firme stilistiche che avremmo imparato a riconoscere sulle Volvo dalla XC90 di seconda generazione in poi. Anche i gruppi ottici posteriori dal profilo avvolgente hanno dato indicazioni molto interessanti sulla strada che sarebbe stata intrapresa dallo stile delle Volvo negli anni a venire, tra cui le attuali V60 e XC60.