Cento di questi giorni

La Volvo e il numero 100

Al centesimo approfondimento settimanale di questa sezione, scopriamo le connessioni tra la Volvo e questa cifra dai significati simbolici ed evocativi

Quello che leggete è il centesimo approfondimento settimanale della sezione Heritage News, che abbiamo iniziato a pubblicare poco meno di due anni or sono. Abbiamo allora pensato di “giocare” su questa cifra tonda analizzando alcuni intrecci tra la storia della Volvo e il numero cento. A iniziare dal primo modello che ha raggiunto (e superato) la velocità massima di 100 km/h, traguardo che in tempi lontani aveva un significato simbolico evocato anche nella cultura popolare. La vettura che passò da due a tre cifre nel suo picco velocistico fu, nel 1929, la PV 651, capostipite delle sei cilindri che sarebbero continuate, con carrozzerie man mano aggiornate, sino alla fine degli anni ’50. Era una tre litri da 55 cavalli che poteva arrivare sin quasi ai 110, quando le precedenti quattro cilindri si fermavano a 90 all’ora.



Cento cavalli non sono forse evocativi come cento orari eppure alcuni decenni fa, quando cilindrata e potenza suscitavano emozioni ben più intense di quanto facciano oggi — visto che assieme ai tempi sono cambiate le priorità — dire che avevi cento cavalli sotto il cofano era indice del fatto che guidassi un’automobile non comune. Come infatti non comune era la Volvo P1800, prima coupé della marca e primo modello il cui motore B18 di 1,8 litri aveva sfondato il muro dei 100 cavalli, che erano la sua potenza esatta. In questa immagine, un prototipo del 1961 che monta coppe ruota diverse da quelle definitive e anche un’antenna per la radio sulla pinnetta posteriore sinistra a sua volta non compresa nella dotazione standard. Non solo potente ma anche sicura, come da tradizione Volvo, aveva i freni a disco all’avantreno con servoassistenza di serie.



Quando alla Volvo si parla di cento non è ovviamente possibile prescindere dalla Serie 100, che dal 1966 al 1974 ha rappresentato il core business della produzione con quattro diverse carrozzerie: la 142, ovvero la berlina a due porte, la 144 a quattro aperture, la 145 — cioè la station wagon — e la 164, una sorta di 144 con il volume anteriore ridisegnato e allungato di... 100 millimetri per via del maggiore ingombro longitudinale del motore sei cilindri in linea rispetto al quattro cilindri. Se la serie PV, la Amazon e la 1800 avevano fatto conoscere la Volvo un po’ ovunque, è grazie alla Serie 100 che il marchio acquisisce notorietà nel nostro Paese. Ed è proprio negli anni della “100” che, nel 1973, viene fondata la Volvo Italia (come si chiamava allora: oggi il nome esatto è Volvo Car Italia).

Con un salto temporale di oltre quarant’anni arriviamo al 2015, quando la Volvo e Autoliv, azienda specializzata nella tecnologia per la sicurezza automobilistica, si accordano per collaborare a Drive Me, primo esperimento su larga scala condotto a livello mondiale nell’ambito della guida autonoma. Il progetto vede coinvolte 100 Volvo con guida autonoma (in prevalenza, V60) utilizzate da famiglie e pendolari sulla rete stradale pubblica di Göteborg e nelle normali condizioni di traffico quotidiano: è la prima volta in assoluto che un’iniziativa di questo genere viene assunta a livello mondiale. E nuovamente il numero cento si trova a essere, sia pure in questo caso indirettamente, un protagonista dello sviluppo della marca, che con questa sperimentazione entra a passi decisi nel futuro.



E un altro modo di preparare il domani della mobilità (anzi, oramai, l’oggi) è la trazione 100% Pure Electric. Il primo modello progettato per l’alimentazione esclusivamente elettrica è la C40 Recharge, disponibile con diversi output (e due oppure quattro ruote motrici) a seconda dei motori installati. La prima crossover Volvo è anche il primo modello 100% leather free, con rivestimenti “microtech” basati sul recupero di bottiglie di plastica. Ma esistono, nella gamma, anche altri due modelli al cento per cento elettrici: la XC40 Recharge e la nuovissima EX90, secondo modello che — come già la C40 Recharge — non contempla alternative di motori termici. Insomma, il cento può essere interpretato in tanti modi. Ma è sempre, e comunque, la cifra del progresso Volvo.



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