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Gli anniversari del 2022

Dal 1952 al 2002, ecco sei “compleanni” a cifra tonda: modelli, prototipi e traguardi produttivi che hanno fatto crescere la Volvo

Corre il 1952 quando la fabbrica Volvo di Hisingen (qui vediamo la linea di produzione in uno scatto di pochi anni prima) licenzia la 25millesima PV444, una vettura appartenente alla serie D-DS, che si distingueva dalla precedente C per migliorie al generatore elettrico (Bosch invece che Autolite) e allo sterzo.

Venne reso disponibile, come optional, un riscaldatore per l’abitacolo. Visto con gli occhi di oggi, e con gli score produttivi cui la Volvo ci avrebbe successivamente abituato, può sembrare un traguardo non particolarmente rilevante.

Eppure sino ad allora nessun altro modello della Casa aveva raggiunto una tale diffusione, gettando le basi per la successiva globalizzazione del marchio.



Prima ci fu la Duett, con la sua doppia porta posteriore a battente; dopo, la 145, con un classico portellone incernierato in alto.

In mezzo si piazzò lei, la Volvo Amazon station wagon, classe 1962, in cui l’accesso al vano di carico si faceva mediante una doppia apertura in senso orizzontale: poteva infatti essere aperto il solo lunotto (con la sua cornice di lamiera) oppure anche la ribaltina posteriore, che assumeva all’occorrenza la funzione di appoggio tanto per far scivolare meglio i carichi lunghi quanto per un picnic improvvisato.

Fu un’auto piena di primati: prima giardinetta della marca a scocca portante, prima con cinque porte, prima ad abbracciare un’idea di veicolo utile per il lavoro e il tempo libero con un’immagine tuttavia elegante e alla moda.



VESC, Volvo Experimental Safety Car: c’è tutta la filosofia della Volvo dentro questo acronimo che, nel 1972, introdusse una delle pietre miliari nello sviluppo tecnologico e stilistico della marca.

La VESC era infatti una vettura- laboratorio che, con enorme anticipo rispetto al loro impiego nella produzione europea, introdusse soluzioni avanzatissime per la sicurezza e l’ambiente, tra le quali figuravano barre anti-intrusione nelle porte, ABS, catalizzatore, appoggiatesta attivi, paraurti ad assorbimento di energia, tergilavafari e retrotreno autolivellante.

Sul piano del design anticipò — specie nella parte anteriore — alcuni degli stilemi che due anni più tardi sarebbero apparsi sulla Serie 200.



È il febbraio 1982 quando la Volvo presenta alla stampa internazionale, con un mese di anticipo sul suo reveal al Salone di Ginevra, la nuova 760. Della 264 che sostituisce riprende unicamente i motori; per il resto è una vettura disegnata partendo dal foglio bianco, con un pianale inedito che, nonostante un interasse allungato di 13 cm, permette una riduzione della lunghezza fuori tutto di 11 cm rispetto alla progenitrice.

Detto in altri termini, è più corta ma più abitabile della serie che l’ha preceduta. Tra le sue innovazioni, il sedile posteriore sagomato in modo che il passeggero non possa scivolare sotto la cintura in caso di urto frontale; il lunotto quasi verticale consente inoltre un eccezionale angolo di apertura del cofano posteriore. E il suo profilo inconfondibile resisterà alle mode e allo scorrere del tempo.



A ottobre 1992 arriva, al Salone di Parigi, la Volvo ECC, Environmental Concept Car, ennesimo prototipo di studio (disegnato in California) che fa focus su uno dei valori più cari al marchio — il rispetto dell’ambiente — con numerose caratteristiche tra cui un powertrain ibrido (turbina a gas e motore elettrico) che anticipa di oltre trent’anni quella che oggi è la regola nelle scelte tecnologiche.

Per non parlare del Dynaguide, un sistema che è l’antesignano dei moderni navigatori. Come la VESC suggerì alcune idee di stile poi riprese sulle 200, così la ECC fu anche l’anteprima per lo shoulder, la spalla sul fianco che, a partire dalla prima generazione della S80 (1998), avrebbe caratterizzato numerosi modelli della marca.



Ebbene sì, sono passati già vent’anni da quando è sbarcata la prima Suv Volvo: la prima generazione della XC90, costruita dal 2002 al 2014, trasferì i valori della Casa su un genere di vettura trasversale che iniziava allora a imporsi all’attenzione del mercato.

Sviluppata sulla piattaforma delle berline e station wagon full-size della gamma, aveva un baricentro più basso rispetto alla concorrenza, il che ne aumentava la guidabilità; per la prima volta venne adottato il ROPS (Roll Over Protection System) per minimizzare le conseguenze di un eventuale ribaltamento.

Al suo apparire fu anche la prima Suv di questa classe con sette posti orientati nel senso di marcia su tre file. In questa immagine la vediamo in una versione mossa dal motore top di gamma, l’8 cilindri a V di 4,4 litri.