IL DOMANI, IERI

La concept ACC2

Nel 2002 questa “estremizzazione” della famiglia Cross Country anticipò l’information technology di bordo che oggi è realtà quotidiana

La chiamarono ACC2 (Adventure Concept Car 2) perché c’era già stata una ACC “uno”: quella che anticipò nel 2001 la futura XC90 e di cui abbiamo trattato in modo diffuso poche settimane fa. Il ruolo della ACC2, presentata a marzo 2002 al Salone di Ginevra, era molto diverso. Stavolta la V70 XC, da cui questa concept car prendeva stilisticamente le mosse, esisteva già. Sotto forme molto simili a quelle della vettura di serie, la ACC2 fu l’occasione per indicare alcune strade che la Volvo avrebbe preso, in un futuro prossimo, soprattutto in tema di tecnologia imbarcata. Con soluzioni che oggi utilizziamo quotidianamente ma che oltre vent’anni fa erano di là da venire.



L’information technology è l’aspetto più rilevante della ACC2 ma non il solo motivo d’interesse. In questa “super Cross Country” mossa da un cinque cilindri turbo da 2,4 litri e 300 cavalli ci sono stati anche elementi meccanici di grande interesse. Come ad esempio i pneumatici runflat chiodati su cerchi da 18 pollici dal design a turbina studiati appositamente dalla Michelin. I fari, che rispetto alla V70 XC di serie appaiono parzialmente schermati da una mascheratura perimetrale, sono collegati al GPS di bordo per ottimizzare il fascio di luce a seconda delle condizioni di guida, rilevando persino se si sta viaggiando in un Paese con circolazione a sinistra.



Anche se l’ossatura della plancia è quella della V70 da cui deriva, l’interno della ACC2 è quanto di più futuristico ci si possa aspettare. Un design minimalista che attinge dall’esperienza scandinava anche nei materiali: i tappetini, ad esempio, sono fatti con la stessa lana utilizzata per le coperte dello Swedish Ice Hotel di Jukkasjärvi, nella Lapponia svedese Un’altra fonte di ispirazione, in termini di funzionalità, è stata il coltellino svizzero: la consolle centrale, priva della leva cambio (che si comanda sequenzialmente dalle razze del volante), accoglie un’infilata di vani portaoggetti protetti da uno sportellino. Tra i device stivabili nella “utility belt” un assistente personale a controllo vocale utilizzabile anche fuori dalla vettura. Il kit di pronto soccorso integrato nel pannello porta è solo una delle declinazioni della sicurezza Volvo applicate all’abitacolo.

I quattro sedili singoli equipaggiati di cinture a quattro punti con WHIPS e SIPS integrati sono una delle caratteristiche più personali dell’interno; montati su slitte, sono configurati in modo che quelli posteriori possano semplicemente scivolare, senza dover essere ripiegati, sotto gli anteriori. Merito di una struttura esile, che perdipiù non sottrae spazio abitabile. I comandi della climatizzazione, che pure riprendono lo stile di quelli utilizzati sulle Volvo di serie in quegli anni, sono privi di sporgenze per associare sicurezza e design (ci sono richiami sia alle sedie svedesi, sia alle auto da corsa). E poi c’è l’impiego dell’arancione, una tinta forte e calda che contrasta con l’argento satinato impiegato nel resto della vettura.



Visibile, energico e dunque — a suo modo — sicuro, l’arancione ricorre, nell’abitacolo della ACC2, in tutti quegli elementi che consentono qualsivoglia interazione tra la vettura e i suoi occupanti. Dai pulsanti di uso ricorrente alle maniglie delle porte, la cui colorazione flash è un piccolo eppure importantissimo contributo alla sicurezza, specie nel caso in cui circostanze esterne obblighino guidatore e passeggeri ad abbandonare la vettura con la massima rapidità. Stile, funzionalità e protezione viaggiano dunque in perfetta armonia sulla ACC2. Come lo hanno sempre fatto — ieri, oggi e domani — su tutte le Volvo.