Madre e figlia

Dal prototipo alla serie

Due casi simbolici di passaggio da una concept car a un modello di produzione. Poi diventato un’icona del proprio tempo

Non è la prima volta che parliamo della VESC, la Volvo Experimental Safety Car del 1972 che ha fissato in modo innovativo i parametri di sicurezza per le Volvo dei decenni successivi. E neppure sarà l’ultima. Questa volta concentriamo la nostra analisi sull’aspetto estetico di questo laboratorio viaggiante. Quando venne svelata la VESC le Volvo avevano un’immagine molto diversa: il frontale non era inclinato in questo modo, gli indicatori di direzione erano già sull’angolo però non così ampi. Questa concept car, il cui ruolo fu soprattutto quello di parlare di tecnologia, e che per queste ragioni ebbe una notevole risonanza mediatica, annunciò il futuro del marchio anche sul piano dello stile.



Controprova: due anni dopo, alla fine del 1974 — per il model year 1975 — la Volvo presenta la Serie 200, che è un’evoluzione diretta ancorché radicale della precedente Serie 100. In pratica, è una “cento” che anche sul piano del design ha tenuto conto delle strade intraprese dalla VESC. Se fate scroll sul vostro device per tornare al frontale del prototipo e quindi riscendete a questa 244 vedete che la differenza principale la fa il posizionamemto dell’iron mark, qui centrale e inserito in una cornicetta. Anche i paraurti ad assorbimento di energia discendono da quelli della VESC, per quanto l’ultimo model year della Serie 100 li avesse già parzialmente anticipati.



Passano vent’anni e sei mesi e al “Mondial” di Parigi del 1992 la Volvo svela la ECC, Environmental Concept Car: un’auto che con decenni di anticipo abbraccia la filosofia dell’elettrificazione attraverso la propulsione ibrida. Ma non è questo che ci interessa, qui, visto che abbiamo detto di volerci concentrare sullo stile. Se vi sembra di avere già visto questa vettura — che pure non ha mai circolato per strada, essendo un esemplare unico — non vi sbagliate: la firma stilistica dello shoulder, cioè della spalla che segna il fianco e dà movimento anche al muso, è la stessa che, sei anni più tardi, avremmo trovato su una Volvo di serie. Continuate a scorrere per scoprire quale.

Eccola qua, la figlia della ECC: la S80 di prima generazione, classe 1998. C’è la spalla come sul prototipo, ci sono la calandra prominente rispetto ai fari, c’è la linea superiore della medesima più bassa rispetto a quella del bordo del gruppo ottico. Mentre nel passaggio VESC/ Serie 200 i vincoli imposti dalla struttura di base della Serie 100 non consentirono di integrare anche la parte posteriore della concept car, il fatto che la S80 partisse, progettualmente, dal classico foglio bianco, permise di trasportare sulla vettura di serie l’integralità degli stilemi della concept. Rendendola, per così dire, persino più utile di quanto non fosse successo in passato.



Se il concetto di spalla non fosse ancora del tutto chiaro, questa inquadratura fuga ogni dubbio. Ed evidenzia in tutta la sua plasticità il debito che hanno con la ECC non solo la S80 che abbiamo appena esaminato ma anche la V70 del 2000, la prima XC90, la S40 di seconda generazione, la V50, la C70, la C30. Insomma, tutte le Volvo del nuovo millennio. Che grazie alle forme di questa meravigliosa concept car sono riuscite non solo ad assumere un’identità tutta loro, ma sono anche diventate parti un unico insieme, interpretando in modo originale il concetto di family feeling. Anche questa è innovazione. Anche questo è lo spirito Volvo.