Omaggio a una star

Le più insolite tra le Serie 200

Trent’anni fa, a maggio 1993, usciva di produzione una delle Volvo più iconiche di sempre. La onoriamo con alcune varianti poco conosciute

È successo esattamente trent’anni fa, a maggio 1993: l’ultima Volvo della Serie 200 lascia le linee di produzione dello stabilimento di Torslanda e si appresta a entrare nella storia. Vogliamo renderle omaggio con una rassegna di versioni poco conosciute, o del tutto sconosciute, dalle nostre parti. Come questa 262 GL, da non confondere con la 262 C. Mentre la C era una coupé con padiglione ribassato, la GL è una berlina a due porte identica alla 264 tranne che, appunto, nel numero degli sportelli. La calandra con due fari è invece una specifica del mercato statunitense per il quale questo modello, proposto unicamente tra il 1975 e il 1977, era stato pensato e costruito. Lo stesso vale per i pneumatici a fascia bianca, che negli USA godettero di una certa popolarità sino all’alba degli anni ’80.



La Solaire è un’azienda californiana che nel 1981 si accordò con Volvo of America per la fornitura di cinquanta scocche semicomplete da cui ricavare dalla 262C (costruita in Italia dalla Carrozzeria Bertone) questa originale e confortevolissima cabriolet a quattro posti. In realtà ne vennero realizzate soltanto cinque, anche per un corretto scrupolo di coscienza sulla resistenza torsionale della scocca, che a causa dell’eliminazione ex post del padiglione non era in linea con quanto la clientela si attendeva da una Volvo. Una di queste vetture, interamente ricondizionata, è quella che compare nella fotografia: appartiene al collezionista belga Guy Vermant. I doppi fari rettangolari di piccole dimensioni al posto del vetro unico più grande tradiscono le origini yankee dell’esemplare.



È il 1985 quando si impone un’insolito trio nelle gare di velocità su pista. Curioso davvero, perché la coppia di piloti è composta da uno svedese, Thomas Lindström (a destra in questa foto) e un italiano, Gianfranco Brancatelli. Svedese è anche la loro vettura, una Volvo 240 Turbo Gruppo A che in quella stagione vince l’ETCC (European Tourism Car Championship, il campionato turismo europeo) e figura brillantemente nel DTM (Deutsche Tourenwagen Meisterschaft, quello tedesco). Il “flying brick”, mattone volante, come viene ribattezzata, deriva dalla vettura di serie ma monta una turbina maggiorata e intercooler specifico con iniezione di acqua. È la testimonianza estrema della versatilità della 200, capace di essere tanto uno sherpa quanto una sportiva di razza.

Chiunque abbia visto il film “Le vite degli altri” del 2006 la ricorderà come la vettura ufficiale di uno dei notabili della Germania Est. Che l’apprezzavano particolarmente, ma non erano i soli a farlo. La 264 TE (Top Executive) era la stretched limousine ricavata dalla 264, ovvero la prima sei cilindri a V prodotta dalla Volvo. Veniva assemblata in Italia da Bertone su un passo allungato di 70 cm. Tre le file di sedili; quella centrale comportava due sedute molto più confortevoli e ampie di quelle abitualmente impiegate su esecuzioni di questo genere. Di serie rivestimenti in velluto e impianto Hi-Fi con antenna ad azionamento elettrico, come pure gli alzacristalli. La produzione iniziò nel 1975 e totalizzò 335 esemplari.



Dal massimo al minimo: dopo la più lunga delle 200 berlina, ecco la più corta delle station wagon. Questa insolita 240 a passo ridotto cos tre sole porte è stata l’ultima Serie 200 in assoluto a uscire dalla linea di montaggio di Göteborg. Un congedo scherzoso per sdrammatizzare un momento che, in fin dei conti, rappresentava anche una separazione per il personale dell’azienda dopo tanti anni di vita assieme: la 200 era infatti arrivata nel 1974 come evoluzione diretta della Serie 100 del 1966. C’è anche un significato ulteriore, in questa particolarissima e unica vettura: la scritta Korta Ledtider, tempi di consegna brevi, in riferimento alla pronta consegna che, specie negli ultimi tempi, caratterizzava le vetture di questo modello.