Che vetture produceva la Volvo prima che, nel dopoguerra, diventasse un marchio globale? Ecco una carrellata delle sue vetture degli anni ’20, 30 e ‘40
Öppen Vagn 4 cylindrar, auto scoperta a quattro cilindri: questo significa ÖV4, sigla che identifica la prima Volvo della storia, il cui esemplare numero uno venne assemblato il 14 aprile 1927. È questa torpedo di 1944 cm3 capace di 28 cavalli di potenza a 2000 giri: il propulsore è abbinato a un cambio a tre marce più la retromarcia. Può raggiungere 90 km/h di velocità massima ma la Volvo indica come limite ideale di crociera 60 km/h. È una vettura solida, costruita con grande cura esecutiva e replicata, sino al 1929, in 205 esemplari ai quali vanno aggiunti 70 telai carrozzati pick-up direttamente nella fabbrica di Lundby, a Göteborg, conservando la medesima meccanica.
Perché sulla targa (moderna) della ÖV4 sulla sinistra c’è la scritta Jakob? Si tratta del soprannome che viene abitualmente ricollegato a questo modello. L’identificativo non ufficiale venne assegnato in realtà dai collaudatori della Casa a una delle vetture di preserie: ognuna di esse aveva un diverso “nickname”. Per qualche ragione la ÖV4-Jakob circolò più di altre e questo fece sì che la denominazione venisse impiegata come appellativo dell’intera serie. Denominazioni a parte, la cosa importante di questa immagine è la vettura sulla destra in secondo piano: si tratta infatti di una PV4, cioè della variante chiusa (con carrozzeria berlina) dell’originaria torpedo, più adatta ai climi freddi e realizzata in 721 unità dal 1927 al 1929.
La serie PV650 (che comprende ben dieci varianti numerate progressivamente sino alla PV659 in questa immagine) ha rappresentato il core business dell’offerta Volvo dal 1929 al 1936. Siamo ancora nell’ambito di una carrozzeria tradizionale, con tre luci laterali, cerchi a raggi di legno e porte ad armadio, cioè con quella anteriore che si apre verso l’avanti e quella posteriore all’indietro, in modo da permettere il più agevole accesso possibile all’abitacolo. Oltre però a linee più raccordate rispetto alla precedente PV4 e all’aggiunta di paraurti cromati c’è un importante evoluzione meccanica: il passaggio al motore a sei cilindri di 3 - 3,2 - 3,7 litri con potenze comprese tra 55 e 84 cavalli: la Volvo inizia a farsi notare come un marchio di prestigio.
Sono gli anni in cui la Volvo, pur ancora concentrata sui mercati scandinavi, osserva con grande attenzione quello che succede nel mondo. In particolare negli Stati Uniti, in cui si diffondono le linee streamline di ispirazione aerodinamica. La sua interpretazione di quel concetto è la
PV36 — o Carioca — lanciata nel 1935. Fari incassati, doppio tergicristallo, avantreno a ruote indipendenti: il balzo in avanti rispetto alla serie 650/659 è enorme, sia in termini di immagine che di contenuti tecnici. Diciotto furono le Carioca acquistate nel corso del 1936 dalla Polis, la polizia svedese, per i servizi di pattuglia; 500 quelle complessivamente costruite.
Gran parte dei contenuti della Carioca vengono trasferiti, l’anno successivo, sulla Volvo PV51, berlina assemblata in 1.754 esemplari, cui vanno aggiunte le 1.046 unità della PV52 che ne rappresenta la diretta evoluzione nel biennio 1937-1938. Le dimensioni sono leggermente più compatte (il passo è di 2,88 metri invece che 2,95), la meccanica non cambia. La scelta di mitigare alcune delle innovazioni stilistiche del precedente modello (fari sporgenti, passaruota posteriore non carenato, cerchi privi di feritoie di aerazione) si deve alla volontà di renderne disponibili i contenuti a un più vasto pubblico, limitando i costi di produzione e, quindi, di vendita. Come già sulla PV36, di cui conserva le porte, queste sono a libro: quelle anteriori sono, cioè, controvento, in modo da privilegiare l’accesso ai posti anteriori.