PANE E TULIPANI

Le Volvo costruite nei Paesi Bassi

Per quasi trent’anni, dal 1975 al 2004, lo stabilimento NedCar di Born, in Olanda, ha sfornato cinque modelli compatti. Comprese coupé e station

Tutto iniziò a gennaio 1975, quando la Volvo acquisì l’intero pacchetto azionario del ramo automobilistico della DAF, di cui aveva già rilevato il 33% alla fine del 1972. Con l’azienda vennero in dote il suo know-how nel campo delle vetture compatte e delle trasmissioni automatiche, le maestranze e lo stabilimento NedCar di Born, in quella parte di Olanda che s’incunea tra il Belgio e la Germania, a un quarto d’ora di macchina dai due confini, quasi a suggerire l’internazionalità di quell’operazione industriale. Primo frutto della quale è la 66, trasposizione Volvo — migliorata sotto molti aspetti — dell’omonimo, precedente modello DAF: una compatta a due o tre porte con cambio CVT, che resterà a listino sino al 1980.



Solo sei mesi dopo il debutto della Volvo 66 arriva sulle linee di produzione olandesi la 343. Progetto, questa volta, del tutto inedito, dovuto — stilisticamente parlando — alla consulenza di Giovanni Michelotti e direttamente collegato alla tecnologia DAF per quanto riguarda il layout Transaxle (motore anteriore, cambio e trazione posteriori). Successivamente proposta anche con carrozzeria a cinque porte e ancora oltre come sedan quattro porte a tre volumi, la Serie 300 resterà in produzione per oltre 15 anni, sino a giugno 1991, superando un milione e 100mila unità. Va a lei il merito di avere affermato il marchio Volvo, sino ad allora collegabile in prevalenza alle grandi cilindrate, come una delle referenze imprescindibili anche nel settore delle compatte.



Tra i numerosi primati della fabbrica olandese di Born, anche quello di avere dato i natali, nel 1986, alla prima trazione anteriore con motore trasversale della Volvo. È una coupé, la 480 ES (più oltre declinata anche in versione Turbo) che richiama, nel portellone privo di montante — con il solo lunotto a giorno — la indimenticata 1800 ES del 1971. È soprattutto, la 480, la vettura con cui l’immagine seria e quasi severa di molti modelli degli anni precedenti viene stemperata da un design innovativo e dirompente. Che dimostra come la Volvo sappia declinare i propri valori per ogni tipo di pubblico nei più diversi segmenti di mercato. Resterà in produzione sino al 1995 per un totale di quasi 80mila unità costruite.

Se la 480 è la prima tutto avanti Volvo in assoluto, la 440 è la prima berlina con questo schema meccanico, che si appresta a generalizzarsi sull’insieme della gamma. Della coupé condivide la struttura di base (a iniziare dal pianale con passo di 2,50 metri) necessaria a utilizzare la medesima linea di produzione. Ne riprende anche i motori, con una scelta tuttavia più ampia in termini di cilindrate e alimentazioni. Nasce nel 1988 in versione a cinque porte, cui si affianca alla fine dell’anno successivo la 460 a tre volumi: diversamente da quello che succedeva nella seconda parte della carriera della Serie 300, in cui la 340 era la millequattro e la 360 la duemila indipendentemente dal body, qui la decina finale della cifra identificativa connota la carrozzeria.



Nel 1995 una rivoluzione copernicana interessa il mondo Volvo. Che per la prima volta propone, accanto alla berlina (realizzata in configurazione tre volumi e quattro porte) una station wagon media, genere di carrozzeria che suscita grande interesse e seguito presso la clientela delle Volvo full-size. Debutta anche, nell’occasione, un inedito sistema di denominazione: S per Sedan, V per Versatility (la station, appunto) e due cifre a indicare la serie costruttiva. Nasce così la coppia S40 e V40, un’abbinata particolarmente felice che verrà scelta da oltre un milione di automobilisti. E che, con la fine del proprio ciclo nel 2004, sancirà anche la conclusione dell’esperienza industriale della Volvo a Born.