Taxi Driver

Quando le Volvo sono auto pubbliche

L’evoluzione, dall’alba degli anni ’30 sino a oggi, delle vetture di piazza del marchio. Apprezzatissime dai taxisti per la loro affidabilità

I primissimi taxi Volvo nascono nel 1930. Sono i modelli della serie TR (da Trafikvagn, in svedese), basati sulla serie “civile” PV650-651 con passo allungato a 3,10 metri, bauliera esterna e allestimento specifico per servizio pubblico.

Sino al 1934 ne vengono realizzate dieci serie, dalla TR 670 alla TR 679. Nel 1935 sono sostituiti dalle Volvo TR700 (da 701 a 704), con motore di 80 cv invece che 65 e passo aumentato a 3,25 metri per una migliore abitabilità: la loro produzione sarebbe continuata sino al 1937.

In questa immagine, una serie di taxi TR700 e, a destra, una TR 670 in un parcheggio in attesa di passeggeri alla fine degli anni ’30.



Dopo i taxi della serie PV800, meccanicamente simili ai precedenti ma molto più moderni nello stile — che aderisce allo streamline allora in voga — nel 1950 arriva la PV831-834, il taxi a lungo più apprezzato in Svezia: rimane in produzione sino al 1958 e in servizio, in alcune città, fino a metà degli anni ’80.

Corrisponde ai modelli d’anteguerra, ma con un frontale ridisegnato in modo da determinare un certo family feeling con la più compatta (e moderna) PV444. Telaio separato dalla carrozzeria e otto posti su tre file, ha un motore sei cilindri 3,7 litri da 90 cavalli.

Le porte posteriori sono apribili all’indietro per agevolare al massimo l’accesso. In questa immagine un taxista posa fiero accanto al suo taxi in compagnia di un giovane ammiratore delle Volvo.



Con la Amazon la Volvo salta un turno nella realizzazione di taxi in-house, lasciando che siano allestitori esterni a convertirla in auto collettiva: ne circolano soprattutto in Svizzera, con grande soddisfazione degli autisti della Confederazione.

È con la successiva serie 100, più abitabile, che a Göteborg riprendono ad allestire direttamente vetture pubbliche. Rispetto a un tempo le abitudini di viaggio sono parecchio cambiate: non c’è più l’esigenza di abitacoli a sette od otto posti, però serve molto più spazio per le valigie, specie per i servizi da e per gli aeroporti e le stazioni.

La 144 (qui un modello 1973, con fari integrati nella mascherina nera) risponde perfettamente a queste rinnovate esigenze. A Pyongyang, Corea del Nord, sino a una quindicina di anni fa una flotta di 144 taxi era ancora in regolare servizio.



La Serie 100 dà modo alla clientela professionale dei taxisti di scegliere tra la berlina 144, più classica, e la station wagon 145, che con il suo bagagliaio extra large permette di caricare quantitativi ancora superiori di valigie e con meno sforzo da parte dell’operatore in quanto la soglia di carico è a filo del paraurti.

In questa immagine vediamo un modello 1973 con un’interessante applicazione accessoria: quattro tendine in tessuto che schermano i vetri delle porte posteriori e le terze luci laterali proteggendo i passeggeri e i bagagli da sguardi indiscreti come pure dall’irraggiamento solare diretto.

I taxi non sono universalmente gialli, in quegli anni, come conferma la nuance blu notte utilizzata per questo esemplare.



Per chi vive in zone rurali scarsamente servite da treni e autobus il taxi può diventare talora un vero e proprio succedaneo dei normali servizi di linea.

In questo caso si impone uno lo spazio ancora più vasto per il trasporto di colli e merci di ogni genere. La 145 Express, variante rialzata della 145, si presta particolarmente bene per questi uffici grazie a un’altezza del vano di carico che supera il metro.

Ma non è tutto, perché il disallineamento volutamente creato tra la parte anteriore e quella posteriore del padiglione consente di montare, nella porzione davanti, un pratico portapacchi che aumenta ulteriormente le possibilità di stivaggio. Il tutto senza rinunciare ai livelli di equipaggiamento e confort tipici della Serie 100.



Prodotta dal 1974 al 1993, la Serie 200 continua la tradizione dei taxi Volvo allestiti direttamente sulle linee di produzione, e molto apprezzati dalla clientela.

Che è innanzitutto scandinava; nelle zone con la minore densità di popolazione (in Norvegia e Finlandia, soprattutto) le percorrenze sono elevatissime, e arrivano non di rado a stabilire medie comprese tra 150mila e 200mila chilometri all’anno.

La disponibilità, proprio su questa serie, di un motore sei cilindri Diesel in alternativa ai quattro cilindri a benzina permette agli autisti una maggiore libertà di scelta, che con i successivi modelli degli anni ’90 potrà contare anche su versioni Bi-Fuel a metano o biogas.



Con questa V70 di seconda generazione allestita taxi ci avviciniamo temporalmente parecchio ai giorni nostri. Le serie 700, 900, 850, S/V70, S80 e XC90 — solo per citarne alcune — sono state man mano allestite con le dotazioni di auto pubblica al ritmo di circa 2.000 unità all’anno, rappresentando il 10% della produzione complessiva della divisione Volvo Car Special Vehicles.

Oltre alle dotazioni specifiche delle auto di piazza questo esemplare sfoggia un pannello pubblicitario retroilluminato sul padiglione, visibile solo lateralmente in modo da non costituire fonte di distrazione per i conducenti dei veicoli che seguono. Perché non esiste una Volvo su cui la sicurezza non sia sempre al primo posto.