TRAZIONI ALLA SBARRA

Anteriore, posteriore o integrale?

A seconda delle epoche e dei tipi di propulsione cambiano le ruote che muovono le Volvo. I perché, e i vantaggi, delle tre soluzioni

Sino al 1974 (anno in cui debutta la Serie 200, nella foto) tutte le Volvo hanno il layout meccanico cosiddetto North to South: motore e cambio davanti, ruote motrici dietro. È la forma più classica e sperimentata di trasferimento della coppia motrice a un singolo asse, ed è anche quella che, sino a quell’epoca, è praticamente obbligatoria per vetture di classe superiore quali sono le Volvo. La cui gamma, per il model year 1975, è composta dalle sole articolazioni delle neonate 244, 245 e 264 alle quali, solo per il mercato americano, si associa ancora per un anno la 164. Che conserva, in ogni caso, il medesimo schema meccanico.



Nel 1976 l’offerta della Volvo si allarga con la Serie 300, che rende disponibili i contenuti e i valori del marchio a una più ampia platea di pubblico. La trazione rimane sulle ruote posteriori, ma c’è un’importante novità nella distribuzione dei pesi: il cambio, anziché essere montato subito dietro al motore, è al retrotreno, in blocco con il differenziale, secondo lo schema Transaxle. La massa superiore che si trova a gravare sulle ruote dietro contribuisce a una motricità migliore sui fondi difficili; il mantenimento del propulsore in posizione longitudinale, all’interno di un vano liberato dall’ingombro della trasmissione, rende le operazioni di manutenzione particolarmente agevoli, rapide ed economiche.



Tutto cambia nel 1985 con l’arrivo della 480. Per la prima volta la Volvo sceglie la trazione anteriore e il motore trasversale. È la disposizione meccanica che va per la maggiore, che viene introdotta sulla coupé degli anni ’80 e poi gradualmente estesa al resto della gamma: prima alle compatte 440 e 460, poi alle medie 850 e infine — nel 1998 — all’ammiraglia S80. È lo schema che garantisce il miglior sfruttamento degli spazi interni: non c’è albero di trasmissione e l’ingombro longitudinale del propulsore è ai minimi termini. Il peso della meccanica sull’asse traente rende l’aderenza su fondi difficili molto migliore che in una trazione posteriore: è ideale, ad esempio, per affrontare la neve fresca.



Nel 1997 la Volvo affronta per la volta il tema dell’All Wheel Drive: della trazione su tutte e quattro le ruote, insomma. Il primo modello a impiegarla è la V70 XC, ma esistono anche varianti 4x4 della V70 senza l’assetto rialzato e la caratterizzazione off-road. Nel 2000 il sistema viene ripreso dalla seconda generazione della V70 XC, poi ribattezzata XC70 (nel disegno), quindi sulla prima serie della XC90 e su tutte le altre Suv più compatte che seguiranno. La trazione totale è il sistema migliore per affrontare qualunque fondo stradale, compreso il fuoristrada leggero, a costo di ingombri meccanici, prezzi e consumi leggermente superiori.



Arriviamo ai giorni nostri. L’era dell’elettrico ha portato, tra le tante, una rivoluzione silenziosa: il ritorno alla trazione posteriore (alternativa all’integrale), con in più il posizionamento al retrotreno anche del motore. Come nel caso della recentissima EX30. Essendo infinitamente meno ingombrante di quello termico, il propulsore elettrico non compromette la capacità di stivaggio dei bagagli, ma nello stesso tempo “carica” leggermente l’asse quanto basta a ottimizzarne la motricità. L’avere lasciato libere le ruote anteriori dal lavoro di trazione rende lo sterzo molto più preciso; la mancanza di interferenze tra le ruote davanti e organi meccanici maggiori permette un diametro di sterzata in precedenza inimmaginabile, favorendo le manovre in spazi molto ristretti. I tempi cambiano, le trazioni anche. E l’evoluzione della tecnologia accompagna sempre un miglioramento degli standard di guida.

Sino al 1974 (anno in cui debutta la Serie 200, nella foto) tutte le Volvo hanno il layout meccanico cosiddetto North to South: motore e cambio davanti, ruote motrici dietro. È la forma più classica e sperimentata di trasferimento della coppia motrice a un singolo asse, ed è anche quella che, sino a quell’epoca, è praticamente obbligatoria per vetture di classe superiore quali sono le Volvo. La cui gamma, per il model year 1975, è composta dalle sole articolazioni delle neonate 244, 245 e 264 alle quali, solo per il mercato americano, si associa ancora per un anno la 164. Che conserva, in ogni caso, il medesimo schema meccanico. \n\n\n\n

Nel 1976 l’offerta della Volvo si allarga con la Serie 300, che rende disponibili i contenuti e i valori del marchio a una più ampia platea di pubblico. La trazione rimane sulle ruote posteriori, ma c’è un’importante novità nella distribuzione dei pesi: il cambio, anziché essere montato subito dietro al motore, è al retrotreno, in blocco con il differenziale, secondo lo schema Transaxle. La massa superiore che si trova a gravare sulle ruote dietro contribuisce a una motricità migliore sui fondi difficili; il mantenimento del propulsore in posizione longitudinale, all’interno di un vano liberato dall’ingombro della trasmissione, rende le operazioni di manutenzione particolarmente agevoli, rapide ed economiche. \n\n\n\n

Tutto cambia nel 1985 con l’arrivo della 480. Per la prima volta la Volvo sceglie la trazione anteriore e il motore trasversale. È la disposizione meccanica che va per la maggiore, che viene introdotta sulla coupé degli anni ’80 e poi gradualmente estesa al resto della gamma: prima alle compatte 440 e 460, poi alle medie 850 e infine — nel 1998 — all’ammiraglia S80. È lo schema che garantisce il miglior sfruttamento degli spazi interni: non c’è albero di trasmissione e l’ingombro longitudinale del propulsore è ai minimi termini. Il peso della meccanica sull’asse traente rende l’aderenza su fondi difficili molto migliore che in una trazione posteriore: è ideale, ad esempio, per affrontare la neve fresca. \n\n\n\n

Nel 1997 la Volvo affronta per la volta il tema dell’All Wheel Drive: della trazione su tutte e quattro le ruote, insomma. Il primo modello a impiegarla è la V70 XC, ma esistono anche varianti 4x4 della V70 senza l’assetto rialzato e la caratterizzazione off-road. Nel 2000 il sistema viene ripreso dalla seconda generazione della V70 XC, poi ribattezzata XC70 (nel disegno), quindi sulla prima serie della XC90 e su tutte le altre Suv più compatte che seguiranno. La trazione totale è il sistema migliore per affrontare qualunque fondo stradale, compreso il fuoristrada leggero, a costo di ingombri meccanici, prezzi e consumi leggermente superiori. \n\n\n\n

Arriviamo ai giorni nostri. L’era dell’elettrico ha portato, tra le tante, una rivoluzione silenziosa: il ritorno alla trazione posteriore (alternativa all’integrale), con in più il posizionamento al retrotreno anche del motore. Come nel caso della recentissima EX30. Essendo infinitamente meno ingombrante di quello termico, il propulsore elettrico non compromette la capacità di stivaggio dei bagagli, ma nello stesso tempo “carica” leggermente l’asse quanto basta a ottimizzarne la motricità. L’avere lasciato libere le ruote anteriori dal lavoro di trazione rende lo sterzo molto più preciso; la mancanza di interferenze tra le ruote davanti e organi meccanici maggiori permette un diametro di sterzata in precedenza inimmaginabile, favorendo le manovre in spazi molto ristretti. I tempi cambiano, le trazioni anche. E l’evoluzione della tecnologia accompagna sempre un miglioramento degli standard di guida.

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